Come il Caso Pélicot Sta Cambiando il Modo di Parlare di Violenza Sessuale

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Recentemente, la testimonianza di Gisèle Pélicot ha attirato l’attenzione su uno dei processi più controversi in Francia, coinvolgendo accuse di violenza sessuale contro di lei e la complicità del suo ex marito, Dominique Pélicot. La decisione di sostenere un processo pubblico è stata motivata dal desiderio di incoraggiare altre donne a denunciare le aggressioni. Le parole di Gisèle risuonano come un appello forte e chiaro: la vergogna deve ricadere sugli aggressori, non sulle vittime.

Abusata per anni dal marito: i fatti e le testimonianze

La vicenda ha avuto inizio nel 2020, quando Gisèle è stata convocata dalla polizia dopo che suo marito era stato individuato mentre registrava video di donne in situazioni intime. Durante l’interrogatorio, è emerso che il marito era già stato sanzionato per reati simili, senza che lei ne fosse a conoscenza. Una scoperta inquietante ha sfatato il mito di una vita coniugale serena: nel computer del marito era stata rinvenuta una cartella intitolata “Abuso”, contenente centinaia di foto e video che mostravano Gisèle priva di sensi, vittima di violenze.

Nel computer del marito sono state trovate circa 4.000 immagini e video, dettagliatamente catalogati. Gli stupri documentati riguardano 83 uomini diversi, con 51 di essi identificati e arrestati.

Gisèle ha raccontato di aver confuso i segnali di abuso con una normale vita familiare, descrivendo ricordi di momenti apparentemente innocui culminati in esperienze di violenza.

Responsabilità maschile: non chiamiamoli “mostri”

Dominique Pélicot ha ammesso di aver agito in modo inaccettabile, affermando senza riserve la propria colpevolezza. Questo riconoscimento evidenzia la necessità di un cambiamento culturale sulla percezione della violenza di genere. Secondo Gisèle, gli aggressori non sono individui anomali, ma persone comuni, e le loro azioni devono essere comprese nel contesto di una società che normalizza la violenza. La rappresentazione degli stupratori come “mostri” distorce la realtà e non aiuta a comprendere la gravità del fenomeno. Durante il dibattito, molti imputati hanno dichiarato la loro innocenza, sostenendo di essere stati ingannati.

Definire gli aggressori come “mostri” perpetua l’idea che la violenza sessuale sia un’espressione di desiderio incontrollabile, ignorando il fattore del potere.

Perché la vergogna cambi lato: il caso di Gisèle Pélicot a beneficio di tutte

Gisèle Pélicot ha sfidato il concetto tradizionale di “vittima”, riprendendo il controllo della propria narrazione e agendo come simbolo di un cambiamento sociale necessario. La sua scelta di un processo pubblico è stata vista come un passo fondamentale per far sentire le voci di altre donne abusate.

In diverse città francesi, si sono svolte dimostrazioni di solidarietà a favore di Gisèle, con una partecipazione significativa in città come Parigi, Marsiglia, Bordeaux e Strasburgo. Durante questi eventi, sono stati sollevati slogan come “Io ti credo” e “La vergogna deve cambiare lato”, volte a sensibilizzare la popolazione sui problemi legati alla violenza di genere.

La “cultura dello stupro”, come definita dalla giornalista Susan Brownmiller, continua a mantenere le donne in uno stato di paura, ma sempre più individui sono decisi a non provare più vergogna per ciò che hanno subito.

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Scritto da Augusto Clerici
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